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VENTI DI GUERRA E MUTUI: MERCATO IN ALTALENA

07/03/2022 Autore: Daniele Turchi

La crisi ucraina rischia di far sentire i propri effetti sui mutui, anche se è ancora difficile prevedere quale direzione prenderà il mercato. Ci sono infatti elementi contrastanti che derivano dalla crisi e che si innestano in un panorama economico ancora incerto, in cui l’inflazione stava andando a minare una ripresa tutt’altro che consolidata, almeno nel caso italiano.

In linea teorica, le prospettive per l’erogazione di mutui sono ottime. Sia le compravendite immobiliari sia le richieste di finanziamento appaiono in crescita. Ma le variabili in campo sono numerose.

 

L’outlook resta positivo

Secondo diverse fonti, il 2022 dovrebbe essere un anno di ulteriore rafforzamento delle erogazioni. L’ultimo rapporto sul credito elaborato da Experian (uno dei principali sistemi di informazione creditizia utilizzato da banche e finanziarie), nel mese di gennaio registrava un aumento delle richieste di mutuo del 4,7% rispetto a dicembre e addirittura del +40,3% rispetto a gennaio 2021. Si tratta di un dato molto positivo, perché solitamente il primo mese dell’anno, che segue la pausa natalizia, è considerato un periodo di stasi.

 

Le possibili reazioni dell’Irs

Ora però è arrivata la crisi ucraina. I venti di guerra faranno alzare o diminuire il costo del denaro? L’incertezza sta proprio qui, seconda una recente analisi della Reuters. Infatti stavamo già facendo i conti con il caro-bolletta e con l’inflazione in rialzo, dovuta essenzialmente al costo delle materie prime energetiche.

Il conflitto non fa che infiammare ulteriormente il panorama, visto che proprio dalla Russia arrivano grandi forniture di gas e petrolio verso l’Europa. Di prassi, le banche centrali alzano i tassi (cioè il costo del denaro) per contenere l’inflazione.

Esiste però un elemento contrario. Un conflitto prolungato e di larga portata, che ha già portato alla riduzione di tante attività come l’interscambio di merci o la circolazione aerea, andrebbe a minare la ripresa economica mondiale. E in questi casi le banche centrali seguono uno schema opposto, cioè lasciano il denaro a buon mercato (con i tassi prossimi allo zero) per sollevare l’economia. Che cosa succederà?

Al momento, la Fed (Banca centrale americana) e la BoE (Banca d’Inghilterra) sembrano intenzionate a rispettare le attese per un rialzo dei tassi di 25 punti base (0,25%) a metà marzo. La Bce, invece, dovrebbe muoversi più cautamente. Ancora oggi i tassi di riferimento europei sono a zero e i futures mostrano al massimo la possibilità di un rialzo dello 0,2% per tutto il 2022. Questa previsione, però, è già più conservativa rispetto a fine 2021. Perché quando non si parlava di crisi ucraina, e la ripresa sembrava più solido, la prospettiva era di un rialzo dei tassi anche di mezzo punto percentuale.

Vediamo che cosa sta accadendo ai tassi che determinano il costo dei mutui. Per ora l’Euribor (che riguarda il tasso “variabile”) rimane stabile. Ed è logico, per l’Euribor non fa che riflettere la media dei tassi attualmente applicati da un gruppo di primarie banche europee. A oscillare in relazione ai movimenti obbligazionari e alle aspettative future è l’Irs (interest rate swap), quello che determina il costo dei finanziamenti a tasso fisso. L’Irs a 20 anni, a inizio febbraio, era allo 0,64%, poi ha subito una fiammata toccando l’1% il 25 febbraio, per poi ripiegare intorno a 0,85%. Sono comunque valori molto più alti rispetto a un anno fa, quando il tasso era intorno allo 0,15%. Dunque il trend in risalita sembra assodato.

 

“Fisso” più caro di mezzo punto

L’ultima rilevazione della Banca d’Italia registrava, per i mutui a tasso fisso, un Taeg medio di mercato dell’1,96%. Le migliori offerte possono collocarsi anche intorno all’1,5%, ma sono comunque superate le soglie che dominavano fino alla prima metà del 2021, quando si poteva agevolmente trovare una finanziamento intorno all’1%.

Come fare a capire quanto incidono i movimenti dei tassi sulla rata concreta del mutuo? Tutto dipende dalla durata e dall’importo richiesto. Ma in media, si può dire che a parità di variabili (durata, ammontare), una differenza di mezzo punto percentuale a livello di Taeg finale determini una differenza di 20/25 euro sull’ammontare mensile della rata. Il che potrebbe sembrare una differenza minima, ma moltiplicato per il numero complessivo di rate, per esempio 240 mensilità di un finanziamento a 20 anni, comporta un esborso maggiore di 5/6 mila euro.

 
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