Mutui, tassi, rialzi verso il capolinea?
A che punto si fermerà il trend rialzista della politica monetaria nell'Eurozona? È presto per dirlo, ma l'andamento di alcuni indicatori offre una serie di indicazioni su quello che potrà accadere nel corso dei prossimi trimestri. A cominciare dall'inflazione.
Quanto alla prossima riunione in calendario il 27 luglio non ci sono dubbi: la Banca centrale europea alzerà ancora i tassi ufficiali, per cui resta da conoscerne (e non è comunque poco) solo l’ammontare. Dopo di che, alla ripresa delle attività post-estive, l’orientamento dell’Eurotower potrebbe cambiare. Cerchiamo di capire quali sono i fattori che influenzeranno le decisioni di politica monetaria nei mesi a venire, considerato che la politica monetaria ha ricadute dirette sui tassi dei mutui.
Le dichiarazioni di Lagarde non lasciano spazi a dubbi
“Il nostro lavoro non è finito”. Il concetto espresso a più riprese negli ultimi giorni da Christine Lagarde non lascia spazio a dubbi. La governatrice della Bce si prepara dunque a ritoccare ancora una volta all’insù il tasso ufficiale, già oggi al 4%. Resta da capire se il rialzo sarà di un quarto o di mezzo punto percentuale, con la maggior parte degli analisti che ritiene più probabile la prima strada.
Questo alla luce di due fattori: il primo è che mai in passato i rialzi erano stati così forti in un breve lasso di tempo (basti pensare che un anno fa erano ancora a zero), per cui è opportuno non esagerare in attesa di comprendere l’impatto di queste mosse sull’economia reale, che di solito si producono dopo tre-cinque mesi; la seconda è che l’economia europea sta rallentando e, rendere ancora più costoso il denaro, significherebbe spingerla sempre più verso la recessione.
Inflazione in decelerazione
La missione della Bce – da statuto – è tenere l’inflazione in area 2%, un livello che resta ancora lontano, ma meno di qualche tempo fa. Sul finire del 2022, il carovita cresceva a due cifre percentuali, mentre l’ultima rilevazione relativa a giugno si è attestata al 5,5%, in forte rallentamento dal 6,1% di maggio.
Quanto all’Italia, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’incremento su base annua è stato nell’ordine del 6,4% rispetto al +7,6% rilevato a maggio. “A giugno l’inflazione mostra una netta decelerazione, in un quadro di stabilità dei prezzi al consumo sul piano congiunturale. Il rallentamento dell’inflazione continua a essere fortemente influenzato dalla dinamica dei prezzi dei Beni energetici”, recita il bollettino dell’Istat.
Frenata anche in Francia, con il dato di giugno a +4,5% contro il +5,1% di maggio, e in Spagna, passata dal 3,2% all’1,9%, primo Paese a rientrare sotto la soglia del 2%. Il dato dell’Eurozona è stato tuttavia zavorrato dalla Germania, che ha registrato un rimbalzo di tre decimali da un mese all’altro, arrivando al 6,4%.
Scenario frastagliato nell’area
Nel bollettino economico trimestrale della Bce, pubblicato alla vigilia dei dati d’insieme nell’area, vengono sottolineati i differenziali d’inflazione tra i Paesi, “passati da livelli storicamente bassi nel periodo pre-pandemico a massimi storici alla fine del 2022 e, sebbene in calo da allora, ancora oggi a livelli elevati. A maggio 2023”, si legge nell’analisi, “i tassi di inflazione nei Paesi dell’area variavano dal 2,0% del Lussemburgo al 12,3% della Lettonia e della Slovacchia”.
Gli economisti di Francoforte mettono quindi in guardia sul fatto che queste differenze, se persistenti, possono portare a squilibri esterni.
Le decisioni attese dall’autunno in avanti
Archiviato il prossimo rialzo, la Bce si prenderà una pausa di due mesi, dopo di che è probabile uno stop, a detta della maggior parte degli analisti. Soprattutto se la crescita dei prezzi continuerà a rallentare anche tra luglio e agosto.
In questa direzione spinge anche la dinamica dei consumi, che si stanno raffreddando dopo il piccolo rimbalzo dei passati trimestri.
Un indicatore da seguire con attenzione è relativo al costo del lavoro. A causa dell’inflazione, i lavoratori hanno perso potere d’acquisto e vorranno recuperarlo, ricorda la Bce. Se tuttavia i rialzi saranno molto forti, innescheranno un’ulteriore fiammata inflazionistica, con la Bce che si vedrebbe costretta a tenere alti i tassi, a differenza delle previsioni oggi prevalenti che indicano per la primavera del 2024 l’inizio dei tagli.